22/09/13

CANONE&GENERE: STRUMENTI DI COMPETENZA, STRUMENTI DI VALUTAZIONE

LUISA MIRONE , ADI SD Sicilia, Liceo Archimede Acireale (CT)
 (relazione tenuta al Congresso ADI Roma, 19 settembre 2013)


Lo scorso anno scolastico, all’interno del progetto Compita, oltre quaranta scuole italiane hanno sperimentato percorsi d’insegnamento per competenze. Il progetto Compita si propone di definire la competenza letteraria non su base esclusivamente teorica, ma sulla base di una prassi realmente condivisa all’interno delle scuole nel lavoro reale con gli studenti, nel rispetto delle loro esigenze formative, del loro bisogno di senso, e di “esplicitare in un modello trasferibile le operazioni cognitivo-emotive presupposte dalla lettura interpretazione di un testo letterario e delle forme di scrittura più consapevoli”[1]. Obiettivo del progetto – dunque – “definire un Quadro della competenza letteraria, intesa specificatamente come competenza interpretativa in tutte le sue occorrenze di lettura e scrittura, cioè come expertise complessa”[2]. Poiché “l’elemento che fonda la competenza non è l’insieme delle conoscenze né l’insieme delle abilità possedute dal soggetto, ma il loro utilizzo in contesto”[3], ciascun gruppo di lavoro di ciascuna delle scuole coinvolte nel progetto ha elaborato un proprio percorso; e anche la scuola dove io lavoro.



Delle premesse teoriche e metodologiche che sostengono questo percorso, dirò brevemente: in altre sedi ho avuto modo di farlo e soprattutto oggetto di questa relazione non è il percorso in sé, ma il suo esito (cioè il conseguimento o il mancato conseguimento della competenza letteraria), un’ipotesi di valutazione di esso[4], le pratiche valutative adottate e quali tra esse siano state utili in ultima analisi alla definizione della competenza letteraria e trasferibili in un modello, che è quanto – come appena ricordato – Compita si propone di fare.
Questa analisi non si propone di passare in rassegna i modelli valutativi elaborati negli anni da importanti studiosi e teorici (cui peraltro anche qui si rimanda), ma di  verificare la stessa prassi valutativa applicata alla competenza letteraria riferendola ad un percorso sperimentato e senza mai dimenticare quanto anche di recente Ceserani ci ha ricordato, cioè “il fattore etico nel dialogo pedagogico. Le attività dell’insegnamento e dell’apprendimento – afferma Ceserani - vanno intese non come mezzi per la trasmissione di conoscenza scientifica ma come luoghi dell’impegno (…), spazi di pratiche dalla dimensione etica”[5].
Il percorso elaborato dal mio gruppo di lavoro è stato intitolato Leggendo di altri, scrivendo di me[6] e destinato alle tre classi successive al primo biennio della secondaria di secondo grado. Tale percorso ruotava intorno a due concetti-chiave:
a – la competenza letteraria – “oggetto complesso”[7] - ha il suo perno nel rapporto circolare tra il testo e il lettore e le sue componenti – Conoscenza, Comprensione, Riappropriazione, Valutazione – vanno intese anch’esse in rapporto circolare e di reciproca implicazione[8].
b - il genere letterario è strumento essenziale al conseguimento della competenza letteraria[9] in quanto inteso non come strumento classificatore, ma come modello di rappresentazione del reale; “i generi letterari - scrive Segre[10] - sono soprattutto istruzioni”.
Qui si prende in esame la parte del percorso destinata alla prima classe del secondo biennio  e incentrata sul genere del sonetto.
Lo studente in questa fase è un esordiente, il “lettore non specialista” di Todorov[11]: gli strumenti di ricognizione linguistica e letteraria, di cui il primo biennio lo ha dotato, gli consentono l’accesso ai testi (a quello poetico nella fattispecie), ma la sua posizione rispetto al testo è ancora equivoca e generatrice di equivoci. Lo studente infatti si sente chiamato ora ad un’operazione puramente ricognitiva (cosa distingue la forma poetica dalla forma narrativa o drammaturgica? Quali sono i metri, quali le figure retoriche di una data poesia? etc.) ora e viceversa ad un’operazione di immedesimazione (cosa ti suggerisce il testo? Ti piace? etc) e risponde a questa chiamata con atteggiamenti contraddittori: con l’estraneità, nel primo caso, scambiata per l’oggettività necessaria alla ricognizione – per così dire - scientifica; e, nel secondo caso, con il soggettivismo vagamente narcisista del rispecchiamento (allo studente piace la poesia in cui si rispecchia, cioè solo quella che ripropone situazioni che sente in qualche modo vicine).
Questo è il lettore cui si rivolgono le Indicazioni nazionali per i Licei proponendogli di avviare, insieme ad una riflessione metalinguistica, un percorso storico della letteratura dalle Origini ai nostri giorni. Questo è il lettore reale a cui abbiamo proposto il nostro percorso-Compita.
Confesso che per prima cosa si è fatto leva sul narcisismo, anche se mi piacerebbe poter affermare con Vertecchi che si sia trattato di una strategia per l’individualizzazione[12]: mutatis mutandis, è stato suggerito a questo studente del terzo anno liceale una sostanziale vicinanza esistenziale tra sé e i poeti duecenteschi che incontrava per la prima volta: anche loro, proprio come il nostro studente, si trovavano necessitati alla riqualificazione dei loro strumenti di ricognizione, interpretazione, rappresentazione della realtà; anche a loro s’imponeva una riflessione metalinguistica; anche loro esordivano in un percorso di Storia della letteratura di cui erano consapevolmente iniziatori e protagonisti. La leva del narcisismo ha funzionato: scattata la sympatheia, lo studente, gli studenti hanno deciso che questi poeti meritavano lo sforzo – non indifferente – di indagarne il prodotto più originale e fatale: il sonetto.
A questo punto si è chiesto agli studenti di mettere in campo non solo il narcisismo di quella lusinghiera somiglianza, ma anche gli strumenti ricognitivi di cui parimenti disponevano. E s’è chiesto loro di analizzare la struttura di quella nuova forma poetica.
Fin qui – dunque – ci si è mossi nell’ambito di quell’aspetto della Competenza che è la Conoscenza. L’insegnante si è posta quale veicolo principale delle conoscenze di base per quanto attiene al Canone e alla Critica, sebbene ricorrendo, nelle sue lezioni frontali, a strumenti alternativi al libro di testo[13] come la LIM. Ma quando è stato il momento di indagare la struttura del genere, l’insegnante ha detto ai suoi studenti che potevano fare da sé: gli strumenti li avevano, si provassero ad utilizzarli.
All’inizio la prova è consistita nel solo riconoscimento formale - strofe, metro, sistema di rime, figure retoriche di ordine e di parola - ed è stata ripetuta dozzine di volte, per ogni sonetto sottoposto all’attenzione della classe man mano che l’insegnante procedeva nel percorso canonico (Iacopo da Lentini, Guinizzelli, Cavalcanti, Alighieri, Cino da Pistoia, Angiolieri, Petrarca, Ariosto, Foscolo); fino a quando gli studenti hanno compreso che il ripetersi di certe strutture (o lo scarto rispetto a certe strutture) non solo non poteva essere casuale, ma non era nemmeno ossequio meccanico a un format: era significativa costante, o significativa deviazione rispetto alla costante. Perché tuttavia la cosa era appunto significativa? Qual era il significato di quel significante, di quella struttura rigorosa, ma non rigida?
A far scattare il meccanismo che dalla Conoscenza della struttura conduce alla Comprensione di essa sono stati appunto gli scarti, le variabili, ciò che sembrava agli studenti attenuare il rigore della struttura scongiurandone la rigidità: le figure retoriche, e, sopra le altre, quella figura retorica particolarissima che è la rima e le figure retoriche dell’ordine (soprattutto l’anafora e l’anastrofe). Fermandosi sulle parole in rima, o su quelle ripetute o su quelle che una forzature solo apparente piazzava in una posizione diversa rispetto a quanto c’era da aspettarsi entro una sintassi “normale”, gli studenti hanno iniziato a considerare le parole nel loro significato riposto, immanente; e, laddove in un primo momento gli era stato sufficiente il suggerimento di un sinonimo o di un corrispettivo linguistico moderno (mi viene in mente la parola che più di ogni altra è per la lirica due-trecentesca parola-chiave, cioè disìo), adesso sentivano il bisogno di un referente reale, improvvisamente consapevoli che la sostituzione terminologica (la “parafrasi”) non bastava a comprendere il senso, che era necessario guardare alle parole nel loro sistema. Pertanto, se la prova di verifica iniziale, quella relativa alla Conoscenza-Comprensione, poteva essere un’analisi guidata di questo genere
·         Scrivi una parafrasi della lirica  
·         Individua la struttura strofica e metrica, lo schema rimico ed eventuali figure retoriche
·         Individua il tema, l’argomento della lirica ed esponilo
·         Individua i “personaggi” presenti nella lirica e spiega perché siano necessari allo sviluppo del tema
·         Spiega in che modo il tema da te individuato sia sostenuto nel suo sviluppo dalla struttura strofica, metrica e rimica e dall’eventuale ricorso a figure retoriche
·        Colloca la lirica nell’ambito del periodo e della corrente letteraria che le  sono propri
 virando verso la Comprensione si rivelava improcrastinabile la riqualificazione delle conoscenze e quel genere di analisi, prezioso in fase iniziale, del tutto insufficiente. Pertanto – e sempre grazie ai suggerimenti delle figure retoriche – l’indagine si è spostata sui campi semantici individuati dalle parole (da quelle in rima o da quelle che un chiasmo metteva in forte evidenza o che un’anafora ostinatamente ripeteva) e le parole non solo hanno iniziato ad uscire dalla loro indeterminatezza semantica, ma anche da quella sintattica: se a rimare era un verbo o un sostantivo, il significato sembrava variare sensibilmente…. Questa fase di accertamento, condotta prevalentemente attraverso il dibattito in aula della piccola “comunità ermeneutica”[14], ha condotto alla compilazione di un vero e proprio schema delle costanti del sonetto, che l’insegnante ha materialmente redatto sulla scorta delle indicazioni degli studenti, in un primo momento raccolte –  in un brain storm collettivo – alla rinfusa sulla lavagna, e poi disciplinate in una mappa concettuale sulla base della loro contiguità. Lo schema era il seguente:
1 – Il sonetto è una struttura rigorosa ma non rigida, formata da due quartine e due terzine di endecasillabi
2 – Questa struttura risponde a un’istanza ragionativa: le quartine sembrano destinate a porre un problema, una questione, un dilemma, un bivio; le terzine sembrano destinate a contenere l’esito, la conclusione del ragionamento, ma non necessariamente la soluzione del dilemma; l’endecasillabo è un verso esteso e quindi consente, più di un verso breve, di rappresentare un ragionamento che ha bisogno di organizzazione sintattica e che – per trovarsene una adeguata – ricorre volentieri a inversioni, anticipazioni, ripetizioni etc: insomma, alle figure retoriche.
3 - Il sistema delle rime è variabile tanto nelle quartine quanto nelle terzine, ma nelle quartine le opzioni sono più ridotte e vincolate di quanto non siano nelle terzine: insomma  “quando s’inquadra un problema le opzioni sono giusto due o tre, ma quando si va risolverlo, gli esiti possono essere infiniti!” (cito letteralmente i miei studenti!)
4 – L’esito non è necessariamente “logico”: può trattarsi di conclusione solo “esistenziale”, sprovvista di coordinate di riferimento logicamente percorribili.
5 – Il sonetto non contiene solo ragionamenti d’amore, ma è uno schema di ragionamento flessibile: si presta anche alla riflessione spregiudicata e irriverente sulla società, alla riflessione esistenziale, alla riflessione sui ruoli etc.
6 – Pertanto il sonetto non è avulso dall’epoca che lo genera, non è il prodotto di un gruppo di sognatori scollati dal reale: è veicolo di rappresentazione del dubbio, della sospensione del giudizio, ma ciò che rende problematici dubbio e giudizio è la consapevolezza di essere figli di un’epoca, di un contesto reale con cui dover fare i conti.
Una volta concordato lo schema, l’insegnante lo ha trascritto ordinatamente e lo ha fornito agli studenti, chiedendo di redigere a loro volta un breve testo argomentativo. La traccia, che gli studenti dovevano sviluppare a casa e con tempi di restituzione non troppo stringenti (sette-dieci giorni dalla consegna) era la seguente:
Sulla base dei sonetti che conosci e dello schema elaborato in aula
-         Individua un contenuto sonettabile,
-         Spiegane la carica problematica,
-         Riconducilo ad un tema (amoroso, giocoso, sociale etc.) capace di rappresentarlo.
-         Prova ad articolarlo ripartendone gli elementi portanti in quattro punti che giudichi essenziali.
-         Scrivi alla fine due o tre parole-chiave, due o tre parole senza le quali ti sembra che quel contenuto non possa arrivare a chi ti legge.

Quando l’insegnante ha raccolto tutte le prove, si è trovata in mano un campionario eloquente di domande esistenziali grandi e piccole, di ambivalenze, di incursioni anche dolorose nel mondo degli adulti.  Questi testi hanno costituito la prima prova di verifica della Riappropriazione. Ma era prova sbilanciata sul significato: il significante, oggetto di studio insistente in fase di Conoscenza e Comprensione, rischiava di essere messo da parte quasi fosse un inutile accessorio, o meglio utile in prima battuta, ma in ultima analisi relegato al ruolo di forma, quasi che la forma fosse solo un travestimento, e non piuttosto il veicolo insopprimibile del contenuto.
Solo a questo punto l’insegnante ha somministrato la prova che, pur pianificata insieme alle altre, più d’ogni altra ha caratterizzato il percorso, forse perché più delle altre si muoveva nella direzione di quella “prova analogica” auspicata da Vertecchi[15] : è la prova di Riappropriazione consistente nella stesura di un sonetto da parte degli studenti. Ogni studente disponeva dello schema sopra menzionato, del suo stesso testo argomentativo sul sonettabile e di un discreto patrimonio di conoscenze storico letterarie, testuali, critiche, analitiche etc. Sulle parole salvate l’insegnante ha chiesto di gettare le fondamenta di un sonetto; e gli studenti – nello spazio di un mese – hanno scritto il loro sonetto, un sonetto vero e proprio, nella struttura e negli intenti contenutistici, espressione di un ricerca di senso individuale eppure comune.
Tutti gli studenti hanno scritto un sonetto e dunque – come già per le prove precedenti – tutti gli studenti hanno superato la prova: della Competenza tutti possedevano quindi i tre aspetti di Conoscenza, Comprensione, Riappropriazione; ma – come già per le prove precedenti di cui, per brevità, s’è riportata solo la traccia – i livelli sono stati diseguali. E da questo momento e per esemplificare al meglio questa riflessione sulla possibilità di valutare la Competenza letteraria, riporteremo due esempi di prove svolte: uno di livello avanzato e uno di livello base.


Sono la soluzione di un allievo,
un numero primo o il suo quadrato.
Ero unico ma fui moltiplicato
e toccando l’infinito crescevo.
D’improvviso a me stesso fui sottratto,
esattamente nulla mi sentivo,
rotondo agli occhi degli altri apparivo,
non so se ero uno zero o sono matto.
Immensamente piccolo mi sento,
capisco che la vita è un cambiamento
ma vorrei rimanere chi divento.

Perciò, ti prego, se vai al mare
raccogli una di quelle pietre rare,
incidimi, e non potrò cambiare.
Ecco giunto il momento di scegliere,
chi dice classico chi scientifico
magari sarà meglio l'artistico,
a mamma piacerebbe ragioniere.

Sono confuso non so decidere
per aiutarmi è necessario un amico,
di certo mi rivolgerò ad Enrico
perché non so più che pesci prendere.

E penso ripenso,non trovo pace
vado su e giù per le scale di casa;
improvvisamente balena l'idea.

In matematica sono capace!
Diventerò ingegnere della Nasa
"Corri all'Archimede" grida la platea!


 Giulia                                                                                    Davide


Naturalmente non basta l’evidenza per affermare che la prova di Giulia sia di livello alto e quella di Davide di livello base: bisogna ricorrere agli indicatori e descrittori di prova, nella fattispecie quelli forniti dal CTS Compita; tuttavia, se già tali descrittori e indicatori nel caso di Conoscenza e Comprensione avevano determinato un lavoro sulla prova oltremodo complesso e oneroso sia in fase di strutturazione sia in fase di correzione (tanti indicatori, tantissimi descrittori, tutti declinati per livello: una miriade di voci da spuntare!), nel caso della Riappropriazione tali indicatori (con il loro corredo di descrittori) non hanno risposto con la stessa efficacia. Teniamo presente che lo scopo della prova non era produrre un sonetto di alto valore artistico, ma mostrare di essersi riappropriati di strutture conosciute e comprese tanto da poter essere usate come veicolo di rappresentazione e comunicazione di un’esperienza personale (tra le attività e i compiti relativi alla Riappropriazione il Documento del CTS Compita cita esplicitamente “produrre riscritture vincolate e/o creative”). Quindi, se gli indicatori su cui costruire la prova erano

a. ipotesi sui significati del testo
b. relazione fra elementi intratestuali (tematici, strutturali, formali, lessicali) ed extratestuali (esperienza biografica);
c.  intenzionalità dell’autore e scelta del genere;
d.   analogia e differenze fra il testo a cui si lavora e i testi degli autori che hanno praticato lo stesso genere,

Giulia come Davide come tutti gli altri dovevano dimostrare di sapere

a.      interrogarsi sulla caratterizzazione di temi, situazioni, storie e personaggi del testo;
b.      distinguere un punto di vista puramente autobiografico (tematico) da un punto di vista lirico (contenutistico)
c.      dare significato al rapporto tra il contenuto e le coordinate spazio-temporali del testo;
d.      dare significato al rapporto tra il contenuto e le scelte formali e di genere dell’autore;
e.      operare un confronto tra i testi noti in modo da saper (vedi f)
f.        riscrivere un testo in forme creative

Tanto Davide quanto Giulia, con la prima e con la seconda parte della prova di Riappropriazione (testo argomentativo e sonetto), hanno evidenziato di possedere la competenza nei termini in cui questi descrittori la richiedevano. Tuttavia non possiamo fingere di non vedere che Giulia non solo ha fatto sua intimamente la dimensione del sonetto, del sonettabile, tanto quanto Davide è rimasto ad un livello di approccio ad essa ancora tutto esteriore, ma ha anche assimilato la struttura del sonetto come veicolo formale di rappresentazione di quella dimensione. Probabilmente Giulia è arrivata a questo risultato anche perché il suoi livelli di Conoscenza e di Comprensione erano risultati alti, mentre quelli raggiunti da Davide erano livelli base (per esempio e assai banalmente Giulia aveva studiato più di Davide gli Autori e il Contesto storico letterario di riferimento!), ma basta per dire che Giulia sia più competente di Davide? Non c’è dubbio che Davide abbia prodotto un sonetto come Giulia e come Giulia rispettando esattamente tutti i punti di quello schema, figlio collettivo della fase di Conoscenza-Comprensione, e tutti i punti illustrati nel suo testo argomentativo.
Sembrava dunque che solo l’ultima prova, quella della Valutazione, della “plausibilità del testo per sé”, avrebbe potuto fornire elementi certi di verifica: nella Valutazione, l’insegnante avrebbe capito realmente chi aveva il possesso della competenza e chi era semplicemente avvantaggiato da una sensibilità più accesa, per non cadere nella trappola della sovrapposizione delle “variabili indipendenti” e delle “variabili dipendenti” di Bloom[16]. Ma la prova di Valutazione ha riservato non poche sorprese; e la più vistosa riguarda proprio Giulia e Davide.
L’insegnante ha fissato una data per il compito in aula e avvertito che si sarebbe trattato di un’analisi testuale. A ciascuno studente è stato consegnato però quale testo da analizzare il proprio sonetto e questa traccia di analisi guidata:

1 – esponi  il tema del sonetto 
2 – motiva le scelte di ordine linguistico, attraverso l’individuazione di parole chiave, campi semantici, figure retoriche di parola
3  - motiva le scelte di ordine sintattico e retorico (figure retoriche dell’ordine) o la deliberata esclusione di esse
4 – motivare lo schema rimico
5 - Illustra l’articolazione del contenuto all’interno delle quartine e delle terzine
6 – esprimi un giudizio sul testo cogliendo la paradigmaticità della situazione lirica rappresentata e/o le carenze strutturali, formali o tematiche che ne impediscono la piena rappresentazione
Viene assegnato un punteggio aggiuntivo relativo alle competenze argomentative dello scritto.
Tutti i punteggi s’intendono assegnabili sulla base di tre livelli: base, medio, alto.

La traccia, il testo della prova, incrociava volutamente indicatori e descrittori della Riappropriazione e indicatori e descrittori della Valutazione: questo non solo perché i risultati della prova precedente non erano stati del tutto convincenti, ma perché, in considerazione del fatto che si sarebbe trattato della prova conclusiva, l’idea-guida era quella di coniugare le tre diverse prospettive di analisi della competenza suggerite da Castoldi: soggettiva, intersoggettiva, oggettiva[17]
Giulia (nemmeno a dirlo!) ha svolto la prova con grande consapevolezza: ha individuato il tema
Un numero, insoddisfatto della propria vita fatta di operazioni che lo costringono a mutare aspetto, a crescere a dismisura o a diventare uno zero, chiede al lettore di essere inciso sulla pietra al fine di rimanere per sempre immutabile.
Ha individuato le parole-chiave e i campi semantici:
La parola chiave è “cambiamento” e i due campi semantici sono quello dello stesso cambiamento e quello del quantificare: infatti tentare di quantificare il reale permette di sottrarlo ai cambiamenti (seguivano due colonne contenenti l’elenco dei termini afferenti all’uno o all’altro campo semantico)
Ha evidenziato le figure retoriche, insistendo soprattutto sugli ossimori (“esattamente nulla”, “immensamente piccolo”), ha spiegato la tessitura sintattica con particolare attenzione al sistema verbale
I verbi delle quartine sono tutti all’indicativo, coniugato al presente, all’imperfetto e al passato remoto: questo serve a rappresentare il racconto della vita del numero, del succedersi degli eventi. Ci sono solo due verbi usati al passivo: “moltiplicare” e “sottrarre”; indicano che le cause del cambiamento del numero (ovvero dell’io lirico) non dipendono direttamente da lui. Nelle terzine interviene l’imperativo, ma il soggetto cambia, non è più il numero ma un “tu”: l’io lirico ha bisogno di diventare oggetto (“incidimi!”) per raggiungere il suo scopo, per trovare la sua identità.
Ha spiegato lo schema delle rime
La rima incrociata ABBA rappresenta l’identità che l’io lirico sente di avere, la rima baciata CCC è l’identità che l’io lirico desidera insistentemente avere.
Ha illustrato con chiarezza la distribuzione del contenuto nelle quattro strofe. Ma al momento di “esprimere un giudizio sul testo” cogliendone il valore del contenuto, le carenze o i pregi nella rappresentazione del contenuto stesso, Giulia si è arenata. Il sonetto – a suo avviso – non era riuscito
Il tema in realtà è troppo semplice per il contenuto (la ricerca dell’identità) e quindi lo svolgimento risulta troppo complicato per quel tema. I campi semantici si sovrappongono, le figure retoriche non aiutano, l’interpretazione diventa impossibile e l’unica cosa che resta è quella rima baciata alla fine che sembra la filastrocca di un bambino.
Insomma, Giulia non sa giudicare il suo lavoro, non perché non comprende di aver fatto una cosa rara quasi quanto una delle pietre del suo sonetto, ma perché non riesce a spiegare in cosa esso sia – a suo avviso – fallimentare. Non lo sa argomentare e il suo strumento critico si arresta a uno stizzito rifiuto di qualcosa che liquida sbrigativamente come infantile.
Davide invece guarda benevolmente a se stesso come poeta (“L’Autore, considerando la sua inesperienza, ha fatto il meglio che ha potuto”) e senza rancori sa dirsi NON dove ha sbagliato, ma dove avrebbe potuto fare meglio:

Il tema è la scelta liceale, i dubbi che hanno accompagnato l’Autore quando, uscito dalla terza media, doveva scegliere la scuola superiore. Il problema è che il contenuto è uguale al tema! Non c’è stata elaborazione! E’ rimasto nel punto da cui è partito!
Non ci sono figure retoriche particolari, solo l’iperbole (“Diventerò ingegnere della Nasa!”). Ma siccome il tema era molto semplice e il contenuto era uguale al tema, non era necessario complicare le cose.
Il sistema delle rime fa pensare che ci sia una situazione molto complicata! In effetti così complicato non è: con le rime ABBA ha voluto dire che si sentiva in trappola, mentre con quelle CDE CDE che intravedeva una via d’uscita.
La metrica la poteva curare di più perché in fondo non era difficile: la metrica è il ritmo che diamo alla nostra vita!

Alcune osservazioni si accampano allora con evidenza alla nostra attenzione di valutatori
1 - Davide mostra di essere competente proprio là dove la competenza di Giulia tentenna. Quindi Davide, nonostante si sia assestato, per quanto attiene a Conoscenza, Comprensione e in parte Riappropriazione, sul livello-base, in realtà riesce nella Valutazione, se non meglio di Giulia, meglio di Giulia per quanto attiene al giudizio. Questo conferma non solo il fatto che la Competenza è un oggetto complesso e che, per dirsi conseguita, va attraversata in tutte le sue componenti, ma che la valutazione (nel senso di pratica valutativa) di uno studente sulla base delle sue competenze piuttosto che su quella delle sole conoscenze (che rimane prassi ancora ampiamente diffusa nelle nostre scuole) è valutazione più autentica, più idonea a restituire la fisonomia reale dello studente e del suo percorso formativo. D’altra parte tuttavia la complessità della competenza letteraria consiste nel suo rinviare ad una “spendibilità”, ad un “impiego” che è – in ultima analisi personale, individuale; e questo lascia sempre (e si vorrebbe dire necessariamente) un margine – se non di inattendibilità – di fluidità, uno spazio insopprimibilmente “privato” che è quello del dialogo del lettore col testo, della vita dei “personaggi” con la vita degli esseri umani.

2 - Davide riesce nella prova di Valutazione meglio di quanto non abbia fatto nella prova di Conoscenza; pertanto forse per conquistarlo alla Conoscenza si potrebbe partire dalla Valutazione. Cosa ci fa dare per scontato che la Conoscenza (impartita in larga parte frontalmente dall’insegnante) sia il punto di partenza reale del percorso necessario per giungere alla Competenza? In altre parole, nell’apprendimento (insegnamento) per Competenze, è possibile addirittura invertire quello che l’abitudine mentale ci fa ritenere il senso di marcia corretto?[18] E ancora: nell’insegnamento (apprendimento) per Competenze, la distinzione basilare introdotta da Scriven nel lontano 1967 tra “valutazione formativa” e “valutazione sommativa”[19] mantiene la stessa scansione?
3 – Davide consegue per tre aspetti su quattro della Competenza un livello base; diciamo che consegue il livello medio per quanto attiene al quarto. Davide però alla fine dell’anno scolastico ha avuto 6, Giulia 10. Entrambi vittime dell’ “effetto alone”[20]? L’insegnante entra in crisi. Cosa non ha funzionato? E’ possibile far corrispondere il 6 al livello-base, quando già Vertecchi ha contestato al 6 la capacità di rappresentare il “livello di adeguatezza”[21]? E più in generale, è possibile trasferire la valutazione numerica sul modello di valutazione per livelli di competenza?  Questo trasferimento non ridimensiona considerevolmente la complessità dell’oggetto-competenza?
4 – Infine la domanda che tutte le sovrasta (e che ci riporta a quel “fattore etico” di Ceserani da cui siamo partiti) la lasciamo alla voce autorevole di George Steiner: “Per me che insegno e considero quale ossatura stessa della vita la letteratura (…) come saprò tradurre questa necessità in coscienza morale concreta (…)?”[22]. Steiner ammette di non avere “alcuna risposta convincente”; noi ci auguriamo che, se non alla  “coscienza morale concreta”, l’insegnamento per competenza possa almeno aprire ai nostri allievi e alle nostre allieve la strada verso la consapevolezza di sé.

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[1] E’ il testo del progetto Compita presentato dall’ADI-Sd e dall’Università italiana (Bari Capofila) al MIUR.
[2] Documento CTS Compita, parte prima
[3]  R.Bortone, Progettare: questioni di forma e di sostanza in Scuola e amministrazione, Gennaio 2010.
[4]  “La sua natura di pratica goal oriented fa sì che la progettazione abbia uno strettissimo e indispensabile legame con la pratica della valutazione e della autovalutazione. Tutte le fasi di un progetto dovranno esser legate a pratiche valutative che ne garantiscano, volta per volta, la motivazione, la fattibilità, la correttezza processuale, l’efficacia” (Ivi)
[5]  F.Bertoni, La letteratura al crocevia dei saperi - Conversazione con Remo Ceserani a cura di, in Transpostcross, letteratureculture, Luglio 2013, p.13.
[6]  Il titolo in realtà rinvia ad un progetto editoriale per il primo biennio della scuola secondaria di secondo grado: R. Alfieri, V.Campo, Leggendo scrivendo, Zanichelli, 2002.
[7] “E’ necessario precisare il principio intorno a cui impostare un processo di valutazione di un oggetto così complesso e articolato come la competenza del soggetto. Proprio la natura polimorfa della competenza, la compresenza di molteplici dimensioni da mobilitare per affrontare una determinata situazione problematica, impedisce di assumere un’unica prospettiva di osservazione del fenomeno. Si tratta di attivare e combinare tra loro più prospettive di analisi”. M.Castoldi, Valutare le competenze, Carocci, Roma 2012, pp.68-69.
[8]  E’ lo schema di lettura della competenza letteraria suggerito dai documenti CTS (comitato tecnico-scientifico) COMPITA 2012.
[9] Ho già affrontato la fisionomia del genere letterario come strumento di acquisizione della Competenza letteraria e il percorso sul sonetto nella riflessione contenuta nel volume collettivo Per una letteratura delle competenze in uscita per Loescher.
[10] cfr. C.Segre, Generi, architetture e forme testuali, in Critica e critici, Einaudi, Torino 2012, pp.117-118.
[11]  T.Tododrov, La letteratura in pericolo, Garzanti, Milano 2008, p.24.
[12]  Cfr.B.Vertecchi, Una strategia per l’individualizzazione in B.Vertecchi, M.La Torre, E.Nardi, Valutazione analogica e istruzione individualizzata, La Nuova Italia, Firenze 1994.
[13]  Il libro di testo in adozione nella classe in esame è R.Luperini, P.Cataldi, La scrittura e l’interpretazione, Palumbo, Palermo 2010.
[14] E’ la notissima definizione di R.Luperini, La fine del Postmoderno, Alfredo Guida Editore, Napoli 2005, p.65
[15]  Cfr. B.Vertecchi, Una strategia per l’individualizzazione, cit., pp.26-29.
[16]Cfr.  B.S.Bloom, Caratteristiche umane e apprendimento scolastico, Armando, Roma 1979.
[17]  M.Castoldi, Valutare le competenze, cit., pp.70-71.
[18] E’interessante leggere quel che scrive Gardner a proposito delle differenze tra l’apprendistato preindustriale e l’apprendimento nelle società postindustriali: per  molti versi l’insegnamento e la valutazione di una Competenza si avvicinano di più a quell’apprendistato che non alle prassi didattiche e valutative odierne! Cfr H.Gardner: L'educazione delle intelligenze multiple, Milano, Anabasi, 1995, p. 131.
[19]  M. Scriven, “The methodology of Evaluation”, in Perspectives of Curriculum Evaluation, Rand McNally & Co., Chicago, 1967, pp.39-83
[20]  G. Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Laterza, Roma-Bari 1993, p.42.
[21] “La soluzione del problema così impostato richiede una radicale revisione del concetto di sufficienza: essa non dovrebbe più essere considerata un limite minimo, collocato nella parte centrale della distribuzione dei voti, ma semplicemente una condizione di adeguatezza, che consenta di distinguere quando la prestazione dell'allievo corrisponde al compito che gli è richiesto, e quando non lo soddisfa. Se volessimo identificare la posizione che nella scala corrisponde all'adeguatezza, non potremmo che collocarla nella parte alta, decisamente sopra al 6”. B.Vertecchi, Decisione didattica e valutazione, La Nuova Italia, Firenze 1993, p.127.
[22] G.Steiner, I dissidenti del libro in I libri hanno bisogno di noi, Garzanti, Milano 2013, p.82.