LUISA MIRONE , ADI SD Sicilia, Liceo Archimede Acireale (CT)
(relazione tenuta al Congresso ADI Roma, 19 settembre 2013)
(relazione tenuta al Congresso ADI Roma, 19 settembre 2013)
Lo
scorso anno scolastico, all’interno del progetto Compita, oltre quaranta scuole
italiane hanno sperimentato percorsi d’insegnamento per competenze. Il progetto
Compita si propone di definire la competenza letteraria non su base
esclusivamente teorica, ma sulla base di una prassi realmente condivisa
all’interno delle scuole nel lavoro reale con gli studenti, nel rispetto delle
loro esigenze formative, del loro bisogno di senso, e di “esplicitare in un
modello trasferibile le operazioni cognitivo-emotive presupposte dalla lettura
interpretazione di un testo letterario e delle forme di scrittura più
consapevoli”[1].
Obiettivo del progetto – dunque – “definire un Quadro della competenza letteraria, intesa specificatamente come
competenza interpretativa in tutte le sue occorrenze di lettura e scrittura,
cioè come expertise complessa”[2]. Poiché “l’elemento
che fonda la competenza non è l’insieme delle conoscenze né l’insieme delle
abilità possedute dal soggetto, ma il loro utilizzo
in contesto”[3], ciascun
gruppo di lavoro di ciascuna delle scuole coinvolte nel progetto ha elaborato
un proprio percorso; e anche la scuola dove io lavoro.
Delle
premesse teoriche e metodologiche che sostengono questo percorso, dirò
brevemente: in altre sedi ho avuto modo di farlo e soprattutto oggetto di
questa relazione non è il percorso in sé, ma il suo esito (cioè il
conseguimento o il mancato conseguimento della competenza letteraria), un’ipotesi
di valutazione di esso[4], le pratiche valutative adottate e quali tra
esse siano state utili in ultima analisi alla definizione della competenza
letteraria e trasferibili in un modello, che è quanto – come appena ricordato –
Compita si propone di fare.
Questa
analisi non si propone di passare in rassegna i modelli valutativi elaborati
negli anni da importanti studiosi e teorici (cui peraltro anche qui si
rimanda), ma di verificare la stessa
prassi valutativa applicata alla competenza letteraria riferendola ad un percorso
sperimentato e senza mai dimenticare quanto anche di recente Ceserani ci ha
ricordato, cioè “il fattore etico nel dialogo pedagogico. Le attività
dell’insegnamento e dell’apprendimento – afferma Ceserani - vanno intese non
come mezzi per la trasmissione di conoscenza scientifica ma come luoghi
dell’impegno (…), spazi di pratiche dalla dimensione etica”[5].
Il
percorso elaborato dal mio gruppo di lavoro è stato intitolato Leggendo di altri, scrivendo di me[6] e
destinato alle tre classi successive al primo biennio della secondaria di
secondo grado. Tale percorso ruotava intorno a due concetti-chiave:
a – la competenza letteraria –
“oggetto complesso”[7] - ha
il suo perno nel rapporto circolare tra il testo e il lettore e le sue
componenti – Conoscenza, Comprensione, Riappropriazione, Valutazione – vanno
intese anch’esse in rapporto circolare e di reciproca implicazione[8].
b - il genere letterario è
strumento essenziale al conseguimento della competenza letteraria[9] in
quanto
inteso non come strumento classificatore, ma come modello di rappresentazione
del reale; “i generi letterari - scrive Segre[10] - sono soprattutto
istruzioni”.
Qui si prende in esame la parte
del percorso destinata alla prima classe del secondo biennio e incentrata sul genere del sonetto.
Lo studente in questa fase è un esordiente,
il “lettore non specialista” di Todorov[11]: gli strumenti di
ricognizione linguistica e letteraria, di cui il primo biennio lo ha dotato,
gli consentono l’accesso ai testi (a quello poetico nella fattispecie), ma la sua
posizione rispetto al testo è ancora equivoca e generatrice di equivoci. Lo
studente infatti si sente chiamato ora ad un’operazione puramente ricognitiva
(cosa distingue la forma poetica dalla forma narrativa o drammaturgica? Quali
sono i metri, quali le figure retoriche di una data poesia? etc.) ora e
viceversa ad un’operazione di immedesimazione (cosa ti suggerisce il testo? Ti
piace? etc) e risponde a questa chiamata con atteggiamenti contraddittori: con
l’estraneità, nel primo caso, scambiata per l’oggettività necessaria alla
ricognizione – per così dire - scientifica; e, nel secondo caso, con il
soggettivismo vagamente narcisista del rispecchiamento (allo studente piace la
poesia in cui si rispecchia, cioè
solo quella che ripropone situazioni che sente in qualche modo vicine).
Questo è il lettore cui si rivolgono le Indicazioni nazionali per i Licei proponendogli
di avviare, insieme ad una riflessione
metalinguistica, un percorso storico
della letteratura dalle Origini ai nostri giorni. Questo è il lettore reale
a cui abbiamo proposto il nostro percorso-Compita.
Confesso che per prima cosa si è fatto leva
sul narcisismo, anche se mi piacerebbe poter affermare con Vertecchi che si sia
trattato di una strategia per
l’individualizzazione[12]: mutatis mutandis, è stato suggerito a
questo studente del terzo anno liceale una sostanziale vicinanza esistenziale
tra sé e i poeti duecenteschi che incontrava per la prima volta: anche loro,
proprio come il nostro studente, si trovavano necessitati alla riqualificazione
dei loro strumenti di ricognizione, interpretazione, rappresentazione della
realtà; anche a loro s’imponeva una riflessione metalinguistica; anche loro
esordivano in un percorso di Storia della letteratura di cui erano
consapevolmente iniziatori e protagonisti. La leva del narcisismo ha funzionato:
scattata la sympatheia, lo studente,
gli studenti hanno deciso che questi poeti meritavano lo sforzo – non
indifferente – di indagarne il prodotto più originale e fatale: il sonetto.
A questo punto si è chiesto agli studenti
di mettere in campo non solo il narcisismo di quella lusinghiera somiglianza,
ma anche gli strumenti ricognitivi di cui parimenti disponevano. E s’è chiesto
loro di analizzare la struttura di quella nuova forma poetica.
Fin qui – dunque – ci si è mossi nell’ambito
di quell’aspetto della Competenza che è la Conoscenza. L’insegnante si è posta
quale veicolo principale delle conoscenze di base per quanto attiene al Canone
e alla Critica, sebbene ricorrendo, nelle sue lezioni frontali, a strumenti
alternativi al libro di testo[13] come la LIM. Ma
quando è stato il momento di indagare la struttura del genere, l’insegnante ha
detto ai suoi studenti che potevano fare da sé: gli strumenti li avevano, si
provassero ad utilizzarli.
All’inizio la prova è consistita nel solo
riconoscimento formale - strofe, metro, sistema di rime, figure retoriche di
ordine e di parola - ed è stata ripetuta dozzine di volte, per ogni sonetto
sottoposto all’attenzione della classe man mano che l’insegnante procedeva nel
percorso canonico (Iacopo da Lentini, Guinizzelli, Cavalcanti, Alighieri, Cino
da Pistoia, Angiolieri, Petrarca, Ariosto, Foscolo); fino a quando gli studenti
hanno compreso che il ripetersi di certe strutture (o lo scarto rispetto a
certe strutture) non solo non poteva essere casuale, ma non era nemmeno
ossequio meccanico a un format: era significativa costante, o significativa deviazione rispetto alla costante. Perché tuttavia la cosa era
appunto significativa? Qual era il significato di quel significante, di quella struttura rigorosa, ma non rigida?
A far scattare il meccanismo che dalla
Conoscenza della struttura conduce alla Comprensione di essa sono stati appunto
gli scarti, le variabili, ciò che sembrava agli studenti attenuare il rigore
della struttura scongiurandone la rigidità: le figure retoriche, e, sopra le
altre, quella figura retorica particolarissima che è la rima e le figure
retoriche dell’ordine (soprattutto l’anafora e l’anastrofe). Fermandosi sulle
parole in rima, o su quelle ripetute o su quelle che una forzature solo
apparente piazzava in una posizione diversa rispetto a quanto c’era da
aspettarsi entro una sintassi “normale”, gli studenti hanno iniziato a
considerare le parole nel loro significato riposto, immanente; e, laddove in un
primo momento gli era stato sufficiente il suggerimento di un sinonimo o di un
corrispettivo linguistico moderno (mi viene in mente la parola che più di ogni
altra è per la lirica due-trecentesca parola-chiave, cioè disìo), adesso sentivano il bisogno di un referente reale,
improvvisamente consapevoli che la sostituzione terminologica (la “parafrasi”)
non bastava a comprendere il senso, che era necessario guardare alle parole nel
loro sistema. Pertanto, se la prova di verifica iniziale, quella relativa alla
Conoscenza-Comprensione, poteva essere un’analisi guidata di questo genere
·
Scrivi
una parafrasi della lirica
·
Individua
la struttura strofica e metrica, lo schema rimico ed eventuali figure retoriche
·
Individua
il tema, l’argomento della lirica ed esponilo
·
Individua
i “personaggi” presenti nella lirica e spiega perché siano necessari allo
sviluppo del tema
·
Spiega
in che modo il tema da te individuato sia sostenuto nel suo sviluppo dalla
struttura strofica, metrica e rimica e dall’eventuale ricorso a figure retoriche
·
Colloca
la lirica nell’ambito del periodo e della corrente letteraria che le sono propri
virando verso la Comprensione si rivelava
improcrastinabile la riqualificazione delle conoscenze e quel genere di
analisi, prezioso in fase iniziale, del tutto insufficiente. Pertanto – e
sempre grazie ai suggerimenti delle figure retoriche – l’indagine si è spostata
sui campi semantici individuati dalle parole (da quelle in rima o da quelle che
un chiasmo metteva in forte evidenza o che un’anafora ostinatamente ripeteva) e
le parole non solo hanno iniziato ad uscire dalla loro indeterminatezza
semantica, ma anche da quella sintattica: se a rimare era un verbo o un
sostantivo, il significato sembrava variare sensibilmente…. Questa fase di
accertamento, condotta prevalentemente attraverso il dibattito in aula della
piccola “comunità ermeneutica”[14], ha condotto alla
compilazione di un vero e proprio schema
delle costanti del sonetto, che l’insegnante ha materialmente redatto sulla
scorta delle indicazioni degli studenti, in un primo momento raccolte – in un brain
storm collettivo – alla rinfusa sulla lavagna, e poi disciplinate in una
mappa concettuale sulla base della loro contiguità. Lo schema era il seguente:
1
– Il sonetto è una struttura rigorosa ma non rigida, formata da due quartine e
due terzine di endecasillabi
2
– Questa struttura risponde a un’istanza ragionativa: le quartine sembrano
destinate a porre un problema, una questione, un dilemma, un bivio; le terzine
sembrano destinate a contenere l’esito, la conclusione del ragionamento, ma non
necessariamente la soluzione del dilemma; l’endecasillabo è un verso esteso e
quindi consente, più di un verso breve, di rappresentare un ragionamento che ha
bisogno di organizzazione sintattica e che – per trovarsene una adeguata –
ricorre volentieri a inversioni, anticipazioni, ripetizioni etc: insomma, alle
figure retoriche.
3
- Il sistema delle rime è variabile tanto nelle quartine quanto nelle terzine,
ma nelle quartine le opzioni sono più ridotte e vincolate di quanto non siano
nelle terzine: insomma “quando
s’inquadra un problema le opzioni sono giusto due o tre, ma quando si va
risolverlo, gli esiti possono essere infiniti!” (cito letteralmente i miei
studenti!)
4
– L’esito non è necessariamente “logico”: può trattarsi di conclusione solo
“esistenziale”, sprovvista di coordinate di riferimento logicamente
percorribili.
5
– Il sonetto non contiene solo ragionamenti d’amore, ma è uno schema di
ragionamento flessibile: si presta anche
alla riflessione spregiudicata e irriverente sulla società, alla riflessione
esistenziale, alla riflessione sui ruoli etc.
6
– Pertanto il sonetto non è avulso dall’epoca che lo genera, non è il prodotto
di un gruppo di sognatori scollati dal reale: è veicolo di rappresentazione del
dubbio, della sospensione del giudizio, ma ciò che rende problematici dubbio e
giudizio è la consapevolezza di essere figli di un’epoca, di un contesto reale
con cui dover fare i conti.
Una volta concordato lo schema,
l’insegnante lo ha trascritto ordinatamente e lo ha fornito agli studenti,
chiedendo di redigere a loro volta un breve testo argomentativo. La traccia,
che gli studenti dovevano sviluppare a casa e con tempi di restituzione non
troppo stringenti (sette-dieci giorni dalla consegna) era la seguente:
Sulla base dei
sonetti che conosci e dello schema elaborato in aula
-
Individua
un contenuto sonettabile,
-
Spiegane
la carica problematica,
-
Riconducilo
ad un tema (amoroso, giocoso, sociale etc.) capace di rappresentarlo.
-
Prova
ad articolarlo ripartendone gli elementi portanti in quattro punti che giudichi
essenziali.
-
Scrivi
alla fine due o tre parole-chiave, due o tre parole senza le quali ti sembra
che quel contenuto non possa arrivare a chi ti legge.
Quando
l’insegnante ha raccolto tutte le prove, si è trovata in mano un campionario
eloquente di domande esistenziali grandi e piccole, di ambivalenze, di incursioni
anche dolorose nel mondo degli adulti. Questi
testi hanno costituito la prima prova di verifica della Riappropriazione. Ma
era prova sbilanciata sul significato:
il significante, oggetto di studio
insistente in fase di Conoscenza e Comprensione, rischiava di essere messo da
parte quasi fosse un inutile accessorio, o meglio utile in prima battuta, ma in
ultima analisi relegato al ruolo di forma,
quasi che la forma fosse solo un travestimento,
e non piuttosto il veicolo insopprimibile del contenuto.
Solo a questo punto l’insegnante ha
somministrato la prova che, pur pianificata insieme alle altre, più d’ogni
altra ha caratterizzato il percorso, forse perché più delle altre si muoveva
nella direzione di quella “prova analogica” auspicata da Vertecchi[15] : è la prova di
Riappropriazione consistente nella stesura di un sonetto da parte degli
studenti. Ogni studente disponeva dello schema sopra menzionato, del suo stesso
testo argomentativo sul sonettabile e
di un discreto patrimonio di conoscenze storico letterarie, testuali, critiche,
analitiche etc. Sulle parole salvate l’insegnante ha chiesto di gettare le
fondamenta di un sonetto; e gli studenti – nello spazio di un mese – hanno
scritto il loro sonetto, un sonetto vero e proprio, nella struttura e negli
intenti contenutistici, espressione di un ricerca di senso individuale eppure
comune.
Tutti gli studenti hanno scritto un sonetto
e dunque – come già per le prove precedenti – tutti gli studenti hanno superato
la prova: della Competenza tutti possedevano quindi i tre aspetti di
Conoscenza, Comprensione, Riappropriazione; ma – come già per le prove
precedenti di cui, per brevità, s’è riportata solo la traccia – i livelli sono
stati diseguali. E da questo momento e per esemplificare al meglio questa
riflessione sulla possibilità di valutare la Competenza letteraria, riporteremo
due esempi di prove svolte: uno di livello avanzato e uno di livello base.
Sono la soluzione di
un allievo,
un numero primo o il
suo quadrato.
Ero unico ma fui
moltiplicato
e toccando l’infinito crescevo.
D’improvviso a me
stesso fui sottratto,
esattamente nulla mi
sentivo,
rotondo agli occhi
degli altri apparivo,
non so se ero uno zero o sono matto.
Immensamente piccolo
mi sento,
capisco che la vita è
un cambiamento
ma vorrei rimanere chi
divento.
Perciò, ti prego,
se vai al mare
raccogli una di
quelle pietre rare,
incidimi, e non potrò cambiare.
Ecco giunto il momento
di scegliere,
chi dice classico chi
scientifico
magari sarà meglio
l'artistico,
a mamma piacerebbe
ragioniere.
Sono confuso non so
decidere
per aiutarmi è
necessario un amico,
di certo mi rivolgerò
ad Enrico
perché non so più
che pesci prendere.
E penso ripenso,non
trovo pace
vado su e giù per le
scale di casa;
improvvisamente balena
l'idea.
In matematica sono
capace!
Diventerò ingegnere
della Nasa
"Corri all'Archimede" grida la
platea!
Giulia
Davide
Naturalmente non basta l’evidenza per
affermare che la prova di Giulia sia di livello alto e quella di Davide di
livello base: bisogna ricorrere agli indicatori e descrittori di prova, nella
fattispecie quelli forniti dal CTS Compita; tuttavia, se già tali descrittori e
indicatori nel caso di Conoscenza e Comprensione avevano determinato un lavoro
sulla prova oltremodo complesso e oneroso sia in fase di strutturazione sia in
fase di correzione (tanti indicatori, tantissimi descrittori, tutti declinati
per livello: una miriade di voci da spuntare!), nel caso della Riappropriazione
tali indicatori (con il loro corredo di descrittori) non hanno risposto con la
stessa efficacia. Teniamo presente che lo scopo della prova non era produrre un
sonetto di alto valore artistico, ma mostrare di essersi riappropriati di
strutture conosciute e comprese tanto da poter essere usate come veicolo di
rappresentazione e comunicazione di un’esperienza personale (tra le attività e
i compiti relativi alla Riappropriazione il Documento del CTS Compita cita
esplicitamente “produrre riscritture vincolate e/o creative”). Quindi, se gli
indicatori su cui costruire la prova erano
a. ipotesi sui
significati del testo
b. relazione fra elementi intratestuali (tematici,
strutturali, formali, lessicali) ed extratestuali (esperienza biografica);
c.
intenzionalità dell’autore e scelta del genere;
d. analogia e differenze fra il testo a cui si
lavora e i testi degli autori che hanno praticato lo stesso genere,
Giulia come Davide come tutti gli altri
dovevano dimostrare di sapere
a. interrogarsi
sulla caratterizzazione di temi, situazioni, storie e personaggi del testo;
b. distinguere
un punto di vista puramente autobiografico (tematico) da un punto di vista
lirico (contenutistico)
c. dare
significato al rapporto tra il contenuto e le coordinate spazio-temporali del testo;
d. dare
significato al rapporto tra il contenuto e le scelte formali e di genere dell’autore;
e. operare
un confronto tra i testi noti in modo da saper (vedi f)
f.
riscrivere un testo in forme creative
Tanto Davide quanto Giulia, con la prima e
con la seconda parte della prova di Riappropriazione (testo argomentativo e
sonetto), hanno evidenziato di possedere la competenza nei termini in cui
questi descrittori la richiedevano. Tuttavia non possiamo fingere di non vedere
che Giulia non solo ha fatto sua intimamente la dimensione del sonetto, del sonettabile, tanto quanto Davide è
rimasto ad un livello di approccio ad essa ancora tutto esteriore, ma ha anche
assimilato la struttura del sonetto come veicolo formale di rappresentazione di
quella dimensione. Probabilmente Giulia è arrivata a questo risultato anche
perché il suoi livelli di Conoscenza e di Comprensione erano risultati alti,
mentre quelli raggiunti da Davide erano livelli base (per esempio e assai
banalmente Giulia aveva studiato più di Davide gli Autori e il Contesto storico
letterario di riferimento!), ma basta per dire che Giulia sia più competente di
Davide? Non c’è dubbio che Davide abbia prodotto un sonetto come Giulia e come
Giulia rispettando esattamente tutti i punti di quello schema, figlio
collettivo della fase di Conoscenza-Comprensione, e tutti i punti illustrati
nel suo testo argomentativo.
Sembrava dunque che solo l’ultima prova,
quella della Valutazione, della “plausibilità del testo per sé”, avrebbe potuto
fornire elementi certi di verifica: nella Valutazione, l’insegnante avrebbe
capito realmente chi aveva il possesso della competenza e chi era semplicemente
avvantaggiato da una sensibilità più accesa, per non cadere nella trappola
della sovrapposizione delle “variabili indipendenti” e delle “variabili
dipendenti” di Bloom[16]. Ma la prova di
Valutazione ha riservato non poche sorprese; e la più vistosa riguarda proprio
Giulia e Davide.
L’insegnante ha fissato una data per il
compito in aula e avvertito che si sarebbe trattato di un’analisi testuale. A
ciascuno studente è stato consegnato però quale testo da analizzare il proprio
sonetto e questa traccia di analisi guidata:
1 – esponi il tema del sonetto
2 – motiva le scelte di ordine linguistico, attraverso l’individuazione di
parole chiave, campi semantici, figure retoriche di parola
3 - motiva le scelte di ordine
sintattico e retorico (figure retoriche dell’ordine) o la deliberata esclusione
di esse
4 – motivare lo schema rimico
5 - Illustra l’articolazione del contenuto all’interno delle quartine e
delle terzine
6 – esprimi un giudizio sul testo cogliendo la paradigmaticità della
situazione lirica rappresentata e/o le carenze strutturali, formali o tematiche
che ne impediscono la piena rappresentazione
Viene assegnato un punteggio aggiuntivo relativo alle competenze
argomentative dello scritto.
Tutti i punteggi s’intendono assegnabili sulla base di
tre livelli: base, medio, alto.
La traccia, il testo della prova,
incrociava volutamente indicatori e descrittori della Riappropriazione e
indicatori e descrittori della Valutazione: questo non solo perché i risultati
della prova precedente non erano stati del tutto convincenti, ma perché, in
considerazione del fatto che si sarebbe trattato della prova conclusiva,
l’idea-guida era quella di coniugare le tre diverse prospettive di analisi
della competenza suggerite da Castoldi: soggettiva, intersoggettiva, oggettiva[17]
Giulia (nemmeno a dirlo!) ha svolto la
prova con grande consapevolezza: ha individuato il tema
Un
numero, insoddisfatto della propria vita fatta di operazioni che lo costringono
a mutare aspetto, a crescere a dismisura o a diventare uno zero, chiede al
lettore di essere inciso sulla pietra al fine di rimanere per sempre
immutabile.
Ha individuato le parole-chiave e i campi
semantici:
La
parola chiave è “cambiamento” e i due campi semantici sono quello dello stesso
cambiamento e quello del quantificare: infatti tentare di quantificare il reale
permette di sottrarlo ai cambiamenti (seguivano due colonne contenenti l’elenco
dei termini afferenti all’uno o all’altro campo semantico)
Ha evidenziato le figure retoriche,
insistendo soprattutto sugli ossimori (“esattamente nulla”, “immensamente
piccolo”), ha spiegato la tessitura sintattica con particolare attenzione al
sistema verbale
I
verbi delle quartine sono tutti all’indicativo, coniugato al presente,
all’imperfetto e al passato remoto: questo serve a rappresentare il racconto
della vita del numero, del succedersi degli eventi. Ci sono solo due verbi
usati al passivo: “moltiplicare” e “sottrarre”; indicano che le cause del
cambiamento del numero (ovvero dell’io lirico) non dipendono direttamente da
lui. Nelle terzine interviene l’imperativo, ma il soggetto cambia, non è più il
numero ma un “tu”: l’io lirico ha bisogno di diventare oggetto (“incidimi!”)
per raggiungere il suo scopo, per trovare la sua identità.
Ha spiegato lo schema delle rime
La
rima incrociata ABBA rappresenta l’identità che l’io lirico sente di avere, la
rima baciata CCC è l’identità che l’io lirico desidera insistentemente avere.
Ha illustrato con chiarezza la
distribuzione del contenuto nelle quattro strofe. Ma al momento di “esprimere
un giudizio sul testo” cogliendone il valore del contenuto, le carenze o i
pregi nella rappresentazione del contenuto stesso, Giulia si è arenata. Il
sonetto – a suo avviso – non era riuscito
Il
tema in realtà è troppo semplice per il contenuto (la ricerca dell’identità) e
quindi lo svolgimento risulta troppo complicato per quel tema. I campi
semantici si sovrappongono, le figure retoriche non aiutano, l’interpretazione
diventa impossibile e l’unica cosa che resta è quella rima baciata alla fine
che sembra la filastrocca di un bambino.
Insomma, Giulia non sa giudicare il suo
lavoro, non perché non comprende di aver fatto una cosa rara quasi quanto una
delle pietre del suo sonetto, ma perché non riesce a spiegare in cosa esso sia
– a suo avviso – fallimentare. Non lo sa argomentare e il suo strumento critico
si arresta a uno stizzito rifiuto di qualcosa che liquida sbrigativamente come
infantile.
Davide invece guarda benevolmente a se
stesso come poeta (“L’Autore, considerando la sua inesperienza, ha fatto il
meglio che ha potuto”) e senza rancori sa dirsi NON dove ha sbagliato, ma dove avrebbe potuto fare
meglio:
Il
tema è la scelta liceale, i dubbi che hanno accompagnato l’Autore quando,
uscito dalla terza media, doveva scegliere la scuola superiore. Il problema è
che il contenuto è uguale al tema! Non c’è stata elaborazione! E’ rimasto nel
punto da cui è partito!
Non
ci sono figure retoriche particolari, solo l’iperbole (“Diventerò ingegnere
della Nasa!”). Ma siccome il tema era molto semplice e il contenuto era uguale
al tema, non era necessario complicare le cose.
Il
sistema delle rime fa pensare che ci sia una situazione molto complicata! In
effetti così complicato non è: con le rime ABBA ha voluto dire che si sentiva
in trappola, mentre con quelle CDE CDE che intravedeva una via d’uscita.
La
metrica la poteva curare di più perché in fondo non era difficile: la metrica è
il ritmo che diamo alla nostra vita!
Alcune osservazioni si accampano allora con
evidenza alla nostra attenzione di valutatori
1 - Davide mostra di essere competente
proprio là dove la competenza di Giulia tentenna. Quindi Davide, nonostante si
sia assestato, per quanto attiene a Conoscenza, Comprensione e in parte
Riappropriazione, sul livello-base, in realtà riesce nella Valutazione, se non
meglio di Giulia, meglio di Giulia per quanto attiene al giudizio. Questo
conferma non solo il fatto che la Competenza è un oggetto complesso e che, per
dirsi conseguita, va attraversata in tutte le sue componenti, ma che la
valutazione (nel senso di pratica valutativa) di uno studente sulla base delle
sue competenze piuttosto che su quella delle sole conoscenze (che rimane prassi
ancora ampiamente diffusa nelle nostre scuole) è valutazione più autentica, più
idonea a restituire la fisonomia reale dello studente e del suo percorso
formativo. D’altra parte tuttavia la complessità della competenza letteraria
consiste nel suo rinviare ad una “spendibilità”, ad un “impiego” che è – in
ultima analisi personale, individuale; e questo lascia
sempre (e si vorrebbe dire necessariamente) un margine – se non di
inattendibilità – di fluidità, uno spazio insopprimibilmente “privato” che è
quello del dialogo del lettore col testo, della vita dei “personaggi” con la
vita degli esseri umani.
2 - Davide riesce nella prova di Valutazione
meglio di quanto non abbia fatto nella prova di Conoscenza; pertanto forse per
conquistarlo alla Conoscenza si potrebbe partire dalla Valutazione. Cosa ci fa
dare per scontato che la Conoscenza (impartita in larga parte frontalmente
dall’insegnante) sia il punto di partenza reale del percorso necessario per
giungere alla Competenza? In altre parole, nell’apprendimento (insegnamento)
per Competenze, è possibile addirittura invertire quello che l’abitudine
mentale ci fa ritenere il senso di marcia corretto?[18] E ancora:
nell’insegnamento (apprendimento) per Competenze, la distinzione basilare
introdotta da Scriven nel lontano 1967 tra “valutazione formativa” e
“valutazione sommativa”[19] mantiene la stessa
scansione?
3 – Davide consegue per tre aspetti su
quattro della Competenza un livello base; diciamo che consegue il livello medio
per quanto attiene al quarto. Davide però alla fine dell’anno scolastico ha
avuto 6, Giulia 10. Entrambi vittime dell’ “effetto alone”[20]? L’insegnante
entra in crisi. Cosa non ha funzionato? E’ possibile far corrispondere il 6 al
livello-base, quando già Vertecchi ha contestato al 6 la capacità di
rappresentare il “livello di adeguatezza”[21]? E più in
generale, è possibile trasferire la valutazione numerica sul modello di valutazione
per livelli di competenza? Questo
trasferimento non ridimensiona considerevolmente la complessità
dell’oggetto-competenza?
4 – Infine la domanda che tutte le sovrasta
(e che ci riporta a quel “fattore etico” di Ceserani da cui siamo partiti) la
lasciamo alla voce autorevole di George Steiner: “Per me che insegno e
considero quale ossatura stessa della vita la letteratura (…) come saprò
tradurre questa necessità in coscienza morale concreta (…)?”[22]. Steiner ammette
di non avere “alcuna risposta convincente”; noi ci auguriamo che, se non
alla “coscienza morale concreta”,
l’insegnamento per competenza possa almeno aprire ai nostri allievi e alle
nostre allieve la strada verso la consapevolezza di sé.
.
[1]
E’ il testo del progetto Compita presentato dall’ADI-Sd e dall’Università
italiana (Bari Capofila) al MIUR.
[2]
Documento CTS Compita, parte prima
[3] R.Bortone, Progettare: questioni di forma e di sostanza in Scuola e amministrazione, Gennaio 2010.
[4] “La sua natura di pratica goal oriented fa sì che la progettazione
abbia uno strettissimo e indispensabile legame con la pratica della valutazione
e della autovalutazione. Tutte le fasi di un progetto dovranno esser legate a
pratiche valutative che ne garantiscano, volta per volta, la motivazione, la fattibilità,
la correttezza processuale, l’efficacia” (Ivi)
[5] F.Bertoni, La letteratura al crocevia dei saperi - Conversazione con Remo
Ceserani a cura di, in Transpostcross,
letteratureculture, Luglio 2013, p.13.
[6] Il titolo in realtà rinvia ad un progetto editoriale
per il primo biennio della scuola secondaria di secondo grado: R. Alfieri,
V.Campo, Leggendo scrivendo,
Zanichelli, 2002.
[7]
“E’ necessario precisare il principio intorno a cui impostare un processo di
valutazione di un oggetto così complesso e articolato come la competenza del
soggetto. Proprio la natura polimorfa della competenza, la compresenza di
molteplici dimensioni da mobilitare per affrontare una determinata situazione
problematica, impedisce di assumere un’unica prospettiva di osservazione del
fenomeno. Si tratta di attivare e combinare tra loro più prospettive di
analisi”. M.Castoldi, Valutare le
competenze, Carocci, Roma 2012, pp.68-69.
[8] E’ lo schema di lettura della competenza
letteraria suggerito dai documenti CTS (comitato tecnico-scientifico) COMPITA
2012.
[9]
Ho già affrontato la fisionomia del genere letterario come strumento di
acquisizione della Competenza letteraria e il percorso sul sonetto nella
riflessione contenuta nel volume collettivo Per
una letteratura delle competenze in uscita per Loescher.
[10]
cfr. C.Segre, Generi, architetture e
forme testuali, in Critica e critici,
Einaudi, Torino 2012, pp.117-118.
[11] T.Tododrov, La letteratura in pericolo, Garzanti, Milano 2008, p.24.
[12] Cfr.B.Vertecchi, Una strategia per l’individualizzazione in B.Vertecchi, M.La Torre,
E.Nardi, Valutazione analogica e
istruzione individualizzata, La Nuova Italia, Firenze 1994.
[13] Il libro di testo in adozione nella classe in
esame è R.Luperini, P.Cataldi, La
scrittura e l’interpretazione, Palumbo, Palermo 2010.
[14]
E’ la notissima definizione di R.Luperini, La
fine del Postmoderno, Alfredo Guida Editore, Napoli 2005, p.65
[15] Cfr. B.Vertecchi, Una strategia per l’individualizzazione, cit., pp.26-29.
[16]Cfr. B.S.Bloom, Caratteristiche umane e
apprendimento scolastico, Armando, Roma 1979.
[17] M.Castoldi, Valutare le competenze, cit., pp.70-71.
[18]
E’interessante leggere quel che scrive Gardner a proposito delle differenze tra
l’apprendistato preindustriale e l’apprendimento nelle società postindustriali:
per molti versi l’insegnamento e la
valutazione di una Competenza si avvicinano di più a quell’apprendistato che
non alle prassi didattiche e valutative odierne! Cfr H.Gardner: L'educazione delle intelligenze multiple,
Milano, Anabasi, 1995, p. 131.
[19]
M. Scriven, “The methodology of Evaluation”, in Perspectives of Curriculum Evaluation, Rand McNally & Co.,
Chicago, 1967, pp.39-83
[20]
G. Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Laterza, Roma-Bari 1993,
p.42.
[21]
“La soluzione del
problema così impostato richiede una radicale revisione del concetto di
sufficienza: essa non dovrebbe più essere considerata un limite minimo,
collocato nella parte centrale della distribuzione dei voti, ma semplicemente
una condizione di adeguatezza, che consenta di distinguere quando la
prestazione dell'allievo corrisponde al compito che gli è richiesto, e quando
non lo soddisfa. Se volessimo identificare la posizione che nella scala
corrisponde all'adeguatezza, non potremmo che collocarla nella parte alta,
decisamente sopra al 6” .
B.Vertecchi, Decisione didattica e
valutazione, La Nuova Italia, Firenze 1993, p.127.
[22]
G.Steiner, I dissidenti del libro in I libri hanno bisogno di noi, Garzanti,
Milano 2013, p.82.