04/05/14

Perché quando la letteratura porta a scuola la vita si grida allo scandalo?


Gli italianisti dell’ADI-SD respingono il grave episodio di oscurantismo civile ai danni della formazione dei giovani e degli insegnanti occorso al Liceo Giulio Cesare di Roma ed esprimono piena solidarietà alla dirigente, a tutti i docenti e studenti, in particolare alle due insegnanti volgarmente accusate di «aver istigato i loro studenti ad avere rapporti omosessuali», poiché hanno proposto alle loro classi di leggere il romanzo Sei come sei di Melania Mazzucco.
Lo sconcertante episodio confligge con l’esperienza quotidiana di chi a scuola insegna o studia e offre una inconfutabile conferma del valore irrinunciabile dell’incontro con la letteratura da parte dei giovani. Nella scuola, come nella vita, la letteratura consente a tutti di trovare una chiave per far esistere le cose del mondo secondo il loro peso e la loro essenza, oltre il velo di ovvietà o di ipocrisia che le ricopre. Una volta nominate, esse si possono accettare o rifiutare, ma non si possono più ignorare.
Nelle nostre aule deve entrare la complessità dell’esperienza umana, i cui denominatori comuni la scuola democratica è incaricata istituzionalmente di mostrare. La lettura degli autori antichi, moderni e contemporanei, di ogni provenienza geografica, ci insegna a pensarci membri della stessa specie, perché nelle loro opere possiamo riconoscere ciò che ci accomuna al di là delle differenze culturali e storiche che ci separano: con il loro aiuto impariamo a diventare un po’ meno stupidi e a respingere ogni ottusità discriminatoria.
Se Borges, a chi gli domandava a cosa servisse la letteratura, rispondeva irritato che a nessuno sarebbe mai venuto in mente di interrogarsi sull’utilità del canto di un canarino o dei colori del cielo al crepuscolo, i mala tempora che attraversiamo ne confermano la funzione necessitante.
In un momento di trasformazioni convulse della nostra civiltà, la lettura di un buon libro si offre come mezzo potente per interrogare il senso del presente, per ascoltare le richieste di emancipazione, per arginare le derive del disagio nell’abbrutimento e nell’aberrazione. Ancor più questo vale a scuola, dove la lettura non è casuale né solipsistica, ma risponde ad un progetto formativo ed è accompagnata dal confronto delle riflessioni, e dove il docente, istituzionalmente chiamato ad una responsabilità educativa oltre che culturale, esercita una funzione di mediazione critica.
Chi come noi si spende ogni giorno per la scuola della cittadinanza attiva non può rinunciare a credere che riconoscere le diversità è un dovere di tutti e che i diritti sono gli stessi per tutti.

Siena, 1. 5. 2014
ADI-SD (Associazione degli Italianisti Italiani- Sezione Didattica)
ADI ((Associazione degli Italianisti Italiani)

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Lettera aperta del Dirigente Scolastico del Liceo Giulio Cesare a tutte le componenti della scuola
Carissimi,
solo oggi trovo un attimo di tregua per rivolgermi doverosamente a tutti voi, la nostra comunità scolastica – docenti, studenti, genitori e personale ATA –, riguardo all’episodio che ci ha visto dolorosamente e inopinatamente balzare sulle prime pagine dei giornali.
Molto si è detto, ed io per prima, interpellata da stampa, da radio e da televisioni, ho rilasciato molte dichiarazioni, come d’altra parte hanno fatto docenti e studenti. La tentazione sarebbe quindi di tacere e molcire con il silenzio l’offensiva orda mediatica che ci ha colpito. “Al Giulio ci pensiamo noi” hanno scritto ieri i nostri ragazzi sullo striscione esposto all’ingresso: una fulminante verità, un “giù le mani dalla nostra scuola” a chiunque, di qualunque colore sia, abbia tentato – e con successo evidentemente! – di interrompere l’operosa quiete del nostro quotidiano lavoro.
E tuttavia, come dirigente della scuola, sono consapevole di dovere a tutta la nostra comunità un’informazione diretta, senza mediazioni e/o manipolazioni, sui fatti accaduti nella scuola. E dunque questo mi accingo a fare.
Quando il 25 aprile sono stata informata da un genitore della denuncia penale a due docenti del Giulio per aver fatto leggere il libro di Melania Mazzucco “Sei come sei” in due classi quinte ginnasio, - denuncia che peraltro a tutt’oggi non è pervenuta né alla scuola né alle docenti -, il fatto mi è apparso immediatamente strumentale ed odioso.
Il libro infatti era stato assegnato in lettura a casa per le vacanze di Natale e faceva parte di un percorso di lettura ben noto agli studenti e alle famiglie, perché partito in quarta ginnasio, e realizzato con una metodologia laboratoriale a classi aperte nel momento della restituzione della lettura, per un confronto e un approfondimento sia letterario, sia tematico: ad oggi gli studenti delle due classi hanno completato la lettura di 21 testi che spaziano dai classici latini e greci (v. Aristofane e Plauto in traduzione), a romanzi italiani (Vassalli, Ammanniti, Baricco, Gramellini, ecc.) e stranieri (de Saint-Exupéry, Uhlman, Allende, Grossman, Orwell, ecc.) del Novecento e contemporanei, assegnati con l’obiettivo di sviluppare il piacere di leggere, le capacità critico-letterarie e la riflessione tematica sui molti argomenti che qualsiasi testo letterario, per suo statuto, offre alla crescita di ogni lettore. Questa è la letteratura. In alcuni casi, nel corso di questi due anni, i testi proposti sono nati dai suggerimenti degli studenti stessi, le cui curiosità, sottoposte al vaglio delle docenti, sono state assecondate.
Non credo sia necessario poi sottolineare come il tema trattato dal romanzo della Mazzucco sia di assoluta attualità, ed è ben noto a tutti noi sia il fenomeno di bullismo omofobico che serpeggia nelle scuole, sia i drammatici esiti del silenzio su questi temi che hanno visto di recente coinvolti giovani coetanei di alcune scuole a Roma e in Italia. Un tema narrato peraltro dal punto di vista di una ragazza dodicenne (poco meno dei nostri ragazzi), in un libro scritto da un’autrice colta, vincitrice come noto di molti premi letterari (dallo Strega, al Bagutta, al Comisso ecc.), le cui credenziali letterarie non hanno bisogno di difensori, considerate anche le ottime recensioni apparse per questo testo, pubblicato dalla Einaudi, anche questa una casa editrice che non ha bisogno di presentazioni. Come noto, in questo tipo di lavori a casa, non si procede mai alla lettura del testo in classe, e quindi fantasiose sono state tutte le affermazioni di lettura ad alta voce in classe del passo ormai ben noto (10 righe su ca. 300 pagine), tanto fantasiose quanto diffamatorie.
La discussione sul libro si è svolta ai primi di gennaio al ritorno dalle vacanze, prima in ciascuna classe e poi a classi aperte, come sempre, alla presenza di tre docenti, compresa cioè anche la docente di sostegno di una delle classi. Tutti i ragazzi hanno scritto, come d’uso, una relazione a casa sul libro, e poi hanno potuto scegliere nella prova in classe d’italiano di gennaio fra due proposte, una traccia su “I promessi sposi” e un saggio breve sul tema dei possibili diritti delle coppie gay e della loro genitorialità: il dossier fornito per questa argomentazione spaziava da un articolo de “Il Tempo” riferito al nuovo linguaggio di Papa Francesco sui gay, ad un’ intervista ad Alfano uscita su “Avvenire”, ad un’intervista alla senatrice Maria Cecilia Guerra, allora viceministro del Lavoro con delega sulle Pari opportunità, uscita a gennaio sul “Corriere della Sera”; insomma una proposta di riflessione libera e aperta, come è consueto da parte dei nostri docenti e alla nostra scuola.
Naturalmente le opinioni su questi temi sono diverse, come sappiamo, e una coppia di genitori è venuta ad esprimermi le sue perplessità sull’opportunità di leggere questo testo, citandomi il passo incriminato e lamentando di non avere avuto ’diritto di replica’ rispetto alla discussione in corso. La mia lettura del romanzo, la constatazione dei modi in cui la tematica era stata sviluppata, analoga ad ogni altro tema precedentemente e successivamente analizzato in occasione dei diversi testi letti, mi ha mostrato l’equilibrio con cui il lavoro era stato svolto, cui non si poteva attribuire alcun fine tendenzioso e di parte, implicito in ogni richiesta di diritto di replica. La serenità degli studenti era assoluta e i genitori stessi, da me nuovamente incontrati per rassicurazioni, pur confermando la propria contrarietà alla lettura di questo libro, hanno accolto la scelta della scuola, il suo approccio pluralistico, ritenendo di non dovere riaprire il caso (era ormai metà febbraio).
Niente è accaduto fino al 25 aprile. La bomba è di fatto esplosa a scuola il 28, al nostro rientro, anche a seguito della manifestazione di Lotta studentesca, sulla cui natura e finalità non ritengo sia necessario soffermarmi. La costernazione di tutti è evidente nelle lettere che vi allego (con i dovuti omissis a garanzia della privacy delle persone coinvolte), perché possiamo condividere la reazione dei genitori delle due classi, degli studenti delle due classi, del genitore Presidente del Consiglio d’Istituto e dei docenti che, a margine del Collegio del 28 pomeriggio, già precedentemente convocato per tutt’altri motivi, hanno espresso la loro solidarietà alle colleghe e la ferma condanna degli eventi.
Aggiungo che la lettera che più ho gradito, inoltrata a me e a tutti gli altri genitori della classe, è stata proprio quella della coppia che mi aveva con garbo e rispetto – di cui sempre li ringrazio – coinvolto a gennaio. Prendono fermamente le distanze dalla denuncia dei “Giuristi per la vita”, dichiarando: “ci addolora profondamente la notizia di un’azione penale nei confronti dell’istituto da Lei diretto, considerando particolarmente odioso tale mezzo per cercare di imporre le proprie opinioni. Vogliamo perciò esprimerle la nostra assoluta solidarietà, rinnovando ancora una volta a Lei e a tutto il corpo insegnante la nostra completa stima e fiducia”. Grazie. Questo è lo spirito liberale, aperto e democratico a cui credo tutta la nostra comunità si ispiri nell’educazione dei nostri ragazzi.
Un grazie particolare va poi alle docenti, fatemelo dire le ‘mie’ docenti, eccellenti nella scuola, colte e aperte, curiose del nuovo e capaci di vero ascolto dei propri ragazzi: che vengano denunciate, insultate e vilipese è un paradosso di fronte a cui non posso tacere. La scuola va difesa da questi oltraggi. E’ molto del buono che ci resta in Italia. Non sciupiamolo.
Micaela Ricciardi
Roma, 1 maggio 2014